Perché chi ama scrivere ama, spesso, anche i fornelli…
La cipolla è un’«ampolla luminosa», il carciofo ha le «squame di un guerriero». Non sono sculture futuriste, ma le allucinazioni innamorate di Pablo Neruda. Una delle tante «penne» che hanno indugiato sul cibo, con più ardore e riverenza che se stessero parlando di personaggi della Storia. Secondo Isabel Allende, nel libro Afrodita. Racconti, ricette e altri afrodisiaci (Feltrinelli, 1998), l’eros passa per la tavola: un tuffo dove la salsa è più calda, armoniosa, speziata, e la commistione degli ingredienti crea una perfezione imprevedibile. Come tra gli esseri umani.

Non solo le loro penne sono state «messe al chiodo», per rinfrancare lo spirito ai fornelli e tornare alla scrittura con più vigore. Magari, per poi parlare proprio dei fornelli. Scrittori e giornalisti di sempre si sono lasciati prendere dalla gola fino a farne una professione. Non le ricorda nessuno, le cronache sportive della Clerici? La regina de «La prova del cuoco» fece il suo ingresso in tv come giornalista, e il suo pane quotidiano era il calcio. Prima di indossare un grembiule, pasticciare qualche piatto improbabile davanti alle telecamere Rai, e scoprire che la cucina è un posto misterioso, una prigione di memoria e fantasia nella quale le emozioni scoppiettano tra le fiamme azzurre, la spuma dello champagne, il profumo dell’orto. A forza di inalare, assaggiare, imparare, magari diventi la regina del primo «cooking show» italiano.
Sono giornaliste, ma non giornaliste di cucina. E se il «cooking show» infiamma i televisori – vedi Benedetta Parodi, ex mezzobusto di Studio Aperto, e suoi menù, tra Mediaset, La7, Lei-Tv (Sky) – il futuro delle penne in cucina sembra il «foodblog». Siti internet nei quali entri come in una cucina, ti fai spazio tra racconti, ricette, fotografie abitate da piatti che tormentano l’appetito. Uno si chiama «Emoticibo»: «Ricordi, odori, gesti tirati giù dagli scaffali di una dispensa del passato – spiega l’autrice Gloria Brolatti – che esiste solo dentro di me (ma che ognuno di noi possiede nella pancia e nel cuore)». E, ancora una volta, è una giornalista, caporedattrice in Mondadori. «Ho cominciato a proiettare all’esterno questo amore per i fornelli inventando un gara di cucina a scopo benefico – prosegue Brolatti : “Anche le pentole hanno un cuore”, per raccogliere fondi a favore di Operation Smile, la onlus di cui sono ambasciatrice. Visto il successo, ho pensato di continuare a raccogliere fondi scrivendo libri di cucina, sempre per una buona causa. È nata così la “Collana Le Ricette del Sorriso”, che ho curato insieme con Monica Sartoni Cesari». Piatti complessi e raffinati, i suoi, ma allo stesso tempo ricchi del calore e della passione di casa.
Su internet, poi, si aggira una creatura. Dal foodblog al best-seller, passando, evidentemente, per le magie dei fornelli. Si chiama Chiara Maci, è giovane e sensuale, e ha appena sfornato per Rizzoli Pomodori verdi fritti e sentimenti a vapore. Ma il suo era stato un esordio cibernetico, tra Blogspot e YouTube. E una passione portafortuna.
Mentre perfino i «talent show» si spostano in cucina, e Masterchef segna il tutto esaurito, i talenti letterari e giornalistici, avvinti dalla gastronomia, non si contano più: Andrea Camilleri (che ha fatto della cucina siciliana un cavallo di battaglia in Montalbano), Simonetta Agnello Hornby (La cucina del buongusto, Feltrinelli 2012), Sveva Casati Modignani (Il diavolo e la rossumata, Mondadori 2012).
Banana Yoshimoto, nel 1989, esordì col best-seller Kitchen: un romanzo struggente, nel quale la parola «cucina», evocava presente e futuro, solitudine e amore, vita e morte. Coscienza, infanzia, perdita dell’innocenza, tra coltelli acuminati e lussuriosi profumi, ma anche profondo e insostituibile conforto. E se perfino Disney Pixar ha dedicato un lungometraggio (il bellissimo Ratatouille, 2007) alla creatività culinaria, qualcosa di magico, universale, la cucina deve averlo davvero. In quel film, poi, a cucinare era un topolino, sgusciato dal sottosuolo di Parigi perché, a suo dire, il genio dell’uomo era espresso massimamente sulla tavola. Come finisce il film? Il topolino diventa lo chef più bravo e famoso d’Europa. Celebrato – tanto per cambiare – da un truce giornalista.