“Fuochi d’artificio linguistici”
Recensione del romanzo L’amore secondo Eva di Simonetta Caminiti, Il pineto 2014, 184 pp. 11 €
di Tommaso Cariati per il sito S.o.s Scuola

copertina l'amore secondo eva

Il romanzo d’esordio di Simonetta Caminiti, L’amore secondo Eva, è molto affollato. I personaggi, tantissimi, perlopiù giovani, passano il tempo tra uno svago e l’altro, chiacchierando, facendo prove tecniche di amoreggiamento. C’è chi suona, chi fa beneficenza nella parrocchia, chi studia (nel senso che è iscritto all’università, o al liceo), chi, uno solo, quando non suona, lavora in una fabbrichetta di jeans, ma lo vediamo armeggiare con gingilli più che alle prese con problemi di produzione, finanziari, fiscali, sindacali, di mercato. Si tratta di un popolo giovane di fancazzisti che navigano nel nulla alla svolta del millennio.
Il libro non è però la mera rappresentazione del quotidiano fluttuare, più o meno inconsistente, di una generazione bruciata. Sarebbe già un merito giacché mostrerebbe uno spaccato della società del nostro tempo priva, come appare, di punti cardinali e di carattere. Non è neppure un’opera imbastita per mostrare il punto di vista femminile sull’amore, a cui rimanda il titolo. No; è un tentativo di fare letteratura in modo originale, attraverso un’architettura non scontata, un potente linguaggio metaforico che è un vasto fuoco d’artificio linguistico lungo centottanta pagine. L’autrice immagina che la protagonista diciassettenne Diana Delmoro affronti la scoperta della vita sessuale e i tormenti dell’eros con l’aiuto del libro di Anaïs Nin Il delta di Venere, di cui è venuta per caso a conoscenza, poi praticando in proprio la scrittura di racconti erotici, decidendo in seguito di partecipare al concorso letterario in due sezioni L’amore secondo Eva e L’amore secondo Adamo. Come se ciò non bastasse, l’autrice arricchisce l’intreccio immaginando che Diana, per partecipare al concorso col proprio racconto erotico, coinvolga nell’avventura Filippo, jeans maker e musicista, al quale è legata da sentimento di amore-odio, facendo iscrivere lui alla sezione L’amore secondo Adamo, visto che i termini per l’altra sezione sono scaduti. Diana trascina così Filippo, colpevole di avere una fidanzata, su un terreno sul quale è maestra, e lo punisce per averle
rovesciato addosso con cattiveria i pettegolezzi scottanti che ha raccolto sulla famiglia Delmoro.
L’inventiva non manca davvero alla giovane Caminiti.
Il secondo aspetto che colpisce, leggendo il romanzo, è il linguaggio.
L’autrice gioca bene con i colori, quando descrive occhi, pelle, capelli, vestiti, quasi come un pittore con la sua tavolozza. Poi lavora con le forme: spigoli, fossette, angoli, sporgenze, rotondità.
Aggiunge una spruzzatina di citazioni (canzoni, film, libri; soprattutto canzoni) tratte preferibilmente dal mondo anglosassone, ma con grande naturalezza. Imbastisce le scene con linguaggio informale, fresco, guizzante: nominalizza, disloca; usa iperboli, parolacce, termini gergali e familiari; alterna serie di punti, che fanno increspare il testo come il mare quando il vento soffia dalla costa verso il largo, a frasi distese legate da punti e virgola, come le onde basse, morbide e lunghe. Soprattutto, però, cuce insieme ogni cosa col filo robusto della metafora: con eruzioni vulcaniche di metafore, a volte molto ardite. Anche quando probabilmente la materia è stata sottoposta a rielaborazione, sembra tutto scritto di getto. Il linguaggio fa sprigionare iridescenze e bagliori perfino nei casi in cui l’autrice-scultrice aggredisce il marmo con pochi
energici colpi di scalpello, giacché siamo nella fase di sbozzatura; salvo constatare che, appena sbozzata, la roccia è già opera.

Per completezza, va rilevato però che i personaggi non sempre appaiono nitidi e inconfondibili, e in qualche caso mancano informazioni per orientarsi nella folla; l’incipit, probabilmente studiato, non pare contenga ologrammaticamente lo sviluppo dell’opera, e può risultare una pietra d’inciampo. Va detto pure che nel mondo ci sono altre preoccupazioni e
occupazioni oltre che contemplare il proprio ombelico, e che l’amore non è solo eros, ma anche agape, filia e coinonia, fatto ignorato o tralasciato pure da Eva, la progenitrice, nel giardino della
vita.
La terza coordinata del romanzo di Simonetta Caminiti sembra essere una sorta di abolizione dei confini tra realtà appartenenti a piani differenti. A volte non si sa se la scena fa parte della realtà della narrazione o è sognata, immaginata, frutto di allucinazione. L’effetto è straniante; si prova una sensazione simile a quella che si prova davanti ai quadri di Van Gogh o a certe scene de Il mare non bagna Napoli di Anna Maria Ortese. Una delle parti più potenti e vere dell’opera sembra essere quella in cui Diana decide, insicura e trepidante, ma decide di portare a Filippo il racconto da candidare al concorso erotico, anche con
l’intento recondito di attirarlo nelle proprie trame misteriose. Un’altra scena molto efficace è quella in cui Filippo svela con cattiveria a Diana che sulla sua famiglia, in particolare sul conto della
madre e di un prozio, si raccontano cose scottanti. Sembrano molto valide anche le due scene “oniriche” in cui Diana, mentre Khady, la sorella adottiva, e Mino si amano nella stanza accanto, sogna, immagina, “vede” Filippo che giunge da lei; e quella in cui, la notte di Capodanno, Diana riceve, immagina o sogna di ricevere, la visita inattesa di Filippo. Chissà perché l’autrice non ha deciso di pubblicare in un apposito capitolo il racconto erotico che ha inviato al concorso.
Va detto, concludendo, che la veste editoriale e l’editing del libro destano una certa meraviglia. Sfogliando l’opera si nota che tutte le pagine, proprio tutte, sono state numerate; il frontespizio reca il titolo tra inutili virgolette; manca l’indice; manca il prezzo stampato sulla quarta di copertina. Occorreva più cura, una caccia puntuale e spietata ai refusi di stampa, e forse un’attenzione maggiore alla coesione e alla coerenza del testo.
Dopo questa prima prova però Simonetta Caminiti, non solo potrà perfezionare l’opera in vista di una nuova edizione, ma potrà inventare altre perle di letteratura, giacché mostra di possedere la stoffa che le permetterà, se lo vuole, di donarci un capolavoro.
Castiglione Cosentino, domenica 18 gennaio 2015