paniere

Il paniere che non ti aspetti. Quello che, come ogni anno, l’Istat considera l’insieme dei beni effettivi che rappresentano gli effettivi consumi delle nostre famiglie, ma che, panciuto e viziato come lo immaginiamo, serba sorprese. Quest’anno, come insieme di riferimento per rilevare l’inflazione, contiene tanta, ma proprio tanta salute: biscotti senza glutine, pasta senza glutine, birra analcolica, mezzi di trasporto in condivisione (car sharing e bike sharing), bevande al distributore automatico. Dulcis in fundo, se ben zuccherato, il «caffè al ginseng del bar», la rivelazione del cui prezzo andrà a integrare il prezziario della caffetteria al bar. Nel paniere di quest’anno, anche l’assistenza fiscale per il calcolo delle imposte sulla casa.

Carboidrati congegnati per gli intolleranti al glutine (primi fra tutti i celiaci), birre per chi non vuole ubriacarsi, automobili e biciclette da condividere e infine un caffè rafforzato, sempre più di moda, ma che non immaginavamo trionfare tra i prodotti che l’Istat trova nel suo «paniere». Un paniere appena appena triste, a dirla tutta, che vede uscire (anzi sputa fuori con violenza) tanta tecnologia: via dai beni e servizi utili all’Istat quest’anno, infatti, l’high-tech di registratori dvd, navigatori satellitari, impianti hi-fi e corsi di informatica, che prima erano nella rosa dei consumi più diffusi nelle famiglie. Essere o non essere in un paese in crisi può fare la differenza tra un navigatore satellitare e una voce che spiega per filo e per segno come pagheremo, quest’anno, le imposte sulle case. E poi, evidentemente, ci sono sempre più palati attenti a non pagare le conseguenze di un’alimentazione sbagliata, che non habitué del cinema in prima serata pronto da registrare. Paniere segno dei tempi, delle pance e delle teste. Paniere grigio come il cielo di certe giornate, ma come non mai indice di abitudini fondate (e fondative) per le famiglie. Paniere che immortala nuove esigenze, nuove concezioni del piacere quotidiano, più in armonia coi portafogli e, chissà, con quei piccoli riti che perfino un caffè al ginseng può far maturare.

«L’aggiornamento – spiega l’Istat – tiene conto delle novità emerse nelle abitudini di spesa delle famiglie e arricchisce, in alcuni casi, la gamma dei prodotti che rappresentano consumi consolidati». Rispetto allo scorso anno, nel calcolo dell’indice Nic (che riguarda l’intera collettività nazionale), i servizi emergono per un peso superiore ai beni. E, all’interno dei beni, cresce la componente energetica, legata ai prodotti regolamentati. In aumento anche il peso dei consumi di servizi sanitari e spese per la salute, acqua, elettricità e combustibili, comunicazioni, casa, e prodotti alimentari più vicini alle esigenze – prima che ai gusti – degli italiani. In coda, il peso attribuito ad abbigliamento e calzature, trasporti, mobili, articoli e servizi per la casa, servizi ricettivi e di ristorazione e ricreazione, spettacoli e cultura. In coda, insomma, quelle briciole di lusso che prima erano un parametro anche per l’inflazione, e che oggi rappresentano un barlume irrisorio delle nostre giornate.

«Sul ritorno della deflazione a gennaio – afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori – non pesa solo la caduta dei prezzi dei beni energetici, ma anche la debolezza persistente della domanda domestica con consumi ancora negativi, e una contrazione della spesa per gli alimentari proseguita per 13 trimestri consecutivi». Quanto alla svolta salutista (e gluten free) del paniere 2015, la Cia aggiunge che «è una scelta obbligata, visto che le vendite del segmento sono triplicate negli ultimi 5 anni e oggi il volume d’affari degli alimenti senza glutine ha raggiunto solo in Italia quota 250 milioni di euro».