Viaggio nel genere erotico con Simonetta Caminiti

di Domizia Moramarco

 

leggeremania

Oggi per voi un viaggio nel genere erotico con Simonetta Caminiti e i suoi racconti Le ragazze del borgo.

Nell’antologia Le ragazze del borgo edito da Lettere Animate, la giornalista scrittrice Simonetta Caminiti indaga nel lato oscuro delle protagoniste raccontando un piacere femminile dal linguaggio acquatico, specchio di una voragine interiore inesplorata verso cui trovare il coraggio di inabissarsi.

Ciao Simonetta e benvenuta nel salotto virtuale delle interviste di Leggeremania. Partiamo subito dal titolo che hai scelto per la tua raccolta erotica, “Le ragazze del borgo”. Alla stregua della tradizione più classica del genere, i tre racconti sono ambientati in un luogo chiuso e circoscritto ma, a differenza del risvolto più tradizionale, delle protagoniste man mano sveli qualcosa in più delle loro vite, fino all’epilogo liberatorio. Qual è, dunque, l’aspetto più innovativo della tua narrazione.

Non so in che misura si possa parlare di ‘innovazione’, nei miei racconti. Un aspetto insolito – e importante – dell’antologia, sono le illustrazioni per le quali è stato allestito un set esclusivo e studiato dal fotografo Manuel Colombo (che come avrai visto non ha nulla di pornografico). Illustrazioni specchio profondo degli stati d’animo che scorrono e si librano nelle mie storie. Detto questo, uno dei fattori più sottolineati da chi ha letto il volume è la commistione dei piani linguistici. Si passa dalla tenerezza amniotica, onirica e infantile al linguaggio (soprattutto in “Lisa”) molto, molto spinto e che forse sembra addirittura congegnato da un uomo. Le aritmie emozionali – in tre esperienti diversi tra loro – fluttuano e si avvicendano quanto quelle verbali. La guaina linguistica è solo il codice di questa instabile, e volutamente destabilizzante, partitura musicale.

Il desiderio carnale, così come molti romanzi erotici hanno dimostrato, è una tappa del viaggio dentro se stessi per scoprirsi meglio. Nei tuoi racconti le protagoniste sembrano appropriarsi delle proprie vite, proprio dopo aver esplorato quelle zone d’ombra che non conoscevano. Cosa imparano, dunque, le protagoniste dalle loro esperienze?

Imparano cose differenti. Caterina e Lisa imparano certamente che la sessualità era una sfera della loro esistenza sopita ma gravida di Vita, e di vita, appunto, che non avevano mai osato esprimere e solleticare. Aperto il Vaso di Pandora, ci hanno trovato la capacità profonda di perdere il controllo sul presente, di fare reale una fantasia del passato, di tradurre in aspetto vero e carnale qualcosa di profondamente silenzioso. Ily scopre invece, tutto sommato, che non deve avere fretta di crescere, ma lo scopre dopo aver pensato che l’eros fosse l’unica risorsa della sua vita.

Più recentemente il genere erotico è stato portato in auge sul mercato da libri come la trilogia delle  Cinquanta sfumature, che hanno suscitato una serie di polemiche sul valore letterario di questo fenomeno, in cui prevale più la spinta pornografica che quella propriamente erotica. Non hai temuto, scegliendo di trattare il tema dell’erotismo nella tua antologia, di incorrere in tale ambiguità?

Certo. Ma lo spazio dato alle psicologie è così vasto e profondo – credo e spero – nelle mie Ragazze del borgo, che dovrei aver scampato il pericolo.

D.H. Lawrence ha dichiarato che: “Ciò che per uno è pornografia, per un altro è la risata del genio”, a riprova che molto spesso il confine fra pornografia ed erotismo è talmente sottile e difficile da interpretare, al punto che anche il famoso “non detto” può eccitare il pubblico. Andando nello specifico, nei primi tuoi due racconti le descrizioni degli amplessi risultano più concrete e dettagliate rispetto all’ultimo, “Ily. Quel che resta dell’apocalisse”, nel quale attorno alla giovanissima protagonista si delinea una voluttuosità meno esplicita.  In questa differenza si nasconde una qualche volontà di sperimentazione narrativa?

Sì, assolutamente. DH Lawrence, nello specifico, limitava al ‘non detto’ davvero pochissimo: il linguaggio de ‘L’amante di Lady Chatterley” (e siamo ai primi del ‘900…) è tutt’altro che allusivo e poco esplicito. È un linguaggio fortissimo. Eppure, fuso con la poesia e lo spessore di tante altre pagine, risulta un classico della narrativa erotica molto lontana dalla pornografia. La pornografia è il sesso. L’erotismo scandaglia il sesso e tutto quello che gli sta attorno: ma non necessariamente indossa veli. Ily, però, è immersa in un mondo molto più delicato delle sue ‘coinquiline’ nel libro. Questo succede perché è la sua storia a richiederlo. Una storia che in principio, addirittura, voleva farsi romanzo.

Interessanti risultano le simbologie acquatiche cui ricorri per descrivere le atmosfere in cui si ritrovano invischiate le protagoniste prima di lasciarsi coinvolgere dalle loro relazioni sentimentali. Nel primo, ad esempio, la vasca in cui si consumano gli incontri, più che fare da sfondo diventa quasi un vero personaggio, una sorta di Diavolo tentatore. Nel secondo, invece, a un certo punto della sua iniziazione la protagonista si identifica in una sirena che, sappiamo, stando alla tradizione mitologica rappresenta ora la seduzione, ora la morte intesa come conoscenza. L’acqua, insomma, intesa nel suo significato più ancestrale di (ri)-nascita.La scelta è stata voluta o si è trattato di una sorta di inconscia catarsi letteraria?

L’acqua è provenienza. Mistero eterno. Morte e, come dici tu, origine, nascita, rinascita. L’acqua è una culla di cristallo che può originare sirene bellissime, mostri leggendari, o semplicemente creature che sulla terraferma applicheranno o infrangeranno le magie che hanno scoperto quando erano ancora lì: in quella bolla impenetrabile che nel primo racconto è la vasca del resort, che nel secondo è la vasca di una bambina, che nella vita è il bozzolo in cui non vediamo l’ora di crescere.

I racconti dell’antologia sono corredati da un reportage fotografico di Manuel Colombo.  Ci diresti come è nata questa collaborazione e quanto le immagini hanno influito nell’elaborazione delle storie?

La collaborazione con Manuel è nata diversi anni fa: lui ha curato le copertine di altri miei volumi. Ma siamo molto amici, e sapeva che avevo in cantiere dei racconti erotici. L’eros è elemento fondante di tante sue immagini, e così l’idea è venuta a lui. Abbiamo scelto insieme la modella (che è Marta Renoir) e abbiamo provato – lui ci ha provato – a farle rappresentare un po’ le atmosfere di racconti che erano già scritti.

Nel ringraziarti per aver accettato la nostra intervista, vorrei chiederti quali suggerimenti di lettura daresti ai lettori che non si sono ancora approcciati al genere erotico e quali consigli, invece, ti senti di dare agli autori che intendono cimentarsi nella stesura di racconti nel medesimo ambito?

Al lettore neofita non possono mancare il già citato ‘L’amante di Lady Chatterley’ di DH Laurence, “Il Delta di Venere” di AnaïsNin, e qualche testo di Henry Miller. All’autore che comincia a scrivere l’eros… sinceramente ho poco da suggerire. Il mio mantra è stato quello di curare la prosa e i sentimenti nel dettaglio. Il trend di oggi, forse, è dimostrare a tutti i costi che le donne possono e sanno vivere una sessualità franca, trasgressiva, e avulsa dall’amore quanto lo sono gli uomini. È una strada talmente battuta da essere diventata un cliché. Io – mi scuserete – non ci crederò mai…