CONDIVIDO QUESTA PAGINA DEL “BLOG-TOUR” (ma cosa sono i “blog-tour”? Sono tappe tematiche che migrano di blog in blog dedicati alla lettura, in cui si scoprono vari e specifici aspetti di un romanzo). MI E’ STATO CHIESTO DI SPIEGARE ISPIRAZIONI E RUOLO DELLA MUSICA NEL MIO ROMANZO “IL BACIO”.

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Se non ci fosse musica, non ci sarebbe storia, nel mio romanzo.

Khady “sfrutta” la musica per emergere come una dea in parrocchia; i “Giri di sol”, gruppo musicale che ha a bordo sia elementi un po’ scalcinati sia un talento come Filippo, sono l’altra metà del cerchio.

E Diana si identifica nella Eleanor Rigby dei Beatles (All the lonely people è il titolo della canzone che ha reso celebre il personaggio).

Quando avevo l’età di Diana, il mio personale mito, la leggenda musicale della mia adolescenza… erano i Queen. (Il Regno Unito è la roccaforte della musica più bella e contagiosa del Novecento). A Diana, però, sono calzati a pennello i Beatles per una serie di ragioni, e tutte molto istintive, per me che ho scritto il suo personaggio.

 

Anzitutto, pur essendo io appassionata maniacale dei Queen (e comunque, anche loro sono menzionati: Filippo suona una loro ballata al pianoforte), nel mio primo lungo viaggio all’estero, a sedici anni, ebbi la misura di cosa fossero ancora nel 1999 i Beatles per Liverpool e nell’Inghilterra tutta. C’erano un paio di canzoni (non di più) della band che mi mettevano i brividi già allora; ma a Roma, ai tempi dell’università, capii che anch’io, come Diana, sarei stata risucchiata dal loro genio malinconico e vitale come poche cose al mondo.

I primi di maggio del 2003, Roma accolse il concerto di Paul McCartney. Io ero in lì, piedi nella folla magnetizzata da questo evento. I pezzi intonati e acclamati dal pubblico (che era infinito! Mai visto niente di simile prima) furono tantissimi ma… appena partirono le prime note di All the lonely people, il mio cuore si trasformò in una vera e propria “batteria”. Sentii vibrare questa favola triste, questa ombra sognante e immortale: Eleanor, che raccoglie il riso dai pavimenti delle chiese, e Padre McKenzie, impegnato a “scrivere sermoni che nessuno ascolterà”. Il contrasto tra il ritmo e la lotta solitaria che è la speranza, l’illusione, il sogno, mi pervasero così intensamente… che quando pensai a Diana, quando cominciai a figurarmela più concretamente, non potei non metterle accanto questo dolcissimo colosso della musica mondiale. E anche Lilia è un po’ Eleanor, e padre Matteo è soprannominato “McKenzie” proprio da Diana. Diana è creatura d’altro tempo rispetto a quello che vive: Diana ha l’idolatria dei Beatles per questa ragione.
Poi, certo, ci sono menzioni del pop degli anni ’90 e altri ancora, ma sono pressoché ininfluenti.

Quanto al nome dei “Giri di sol”, trovo curioso raccontare che i cosiddetti giri di sol sono l’unico accordo che, studentessa di chitarra negli anni del mio liceo classico, riuscivo a svolgere senza che le mie povere mani dolorassero sulle corde: mi ci ero appassionata e affezionata moltissimo. E alla band del mio romanzo, in fondo, serviva un nome ingenuo, rudimentale, che evocasse tenerezza anziché velleità. Ecco. “I giri di Sol”, che in italiano ispirano un po’ anche le capricciose giravolte del sole e della luce, percepite nella tarda adolescenza come il richiamo imprevedibile della vita, mi è parso il nome perfetto: il lampo per assegnare loro questo “marchio” è durato davvero pochi secondi.