- Gli occhi di V. si illuminarono di un bagliore umido quando vide la mano del padre su una di quelle corde. Papà… e questo largo e sordo strumento fatto di fili duri, pensò: la mia identità completa. Perché forse vado a tradire chi sono. Tuttavia, è quello che desidero.
- …Appena mi ci fui insediata nell’ultima settimana di settembre, fu un poster che ritraeva la mia T. Una foto di quando aveva quindici anni e balzava col suo tutù e la schiena simile a un arco che scocca dardi di luce, un’arpa che suona muta, e le belle gambe fine divaricate come una forbice d’argento. Nello sfondo nero, quell’essere vaporoso e gentile mi riempiva la casa. Non ci vedevo niente di strano, io. Macabra, avrebbe definito la mia scelta qualche sciocco che sarebbe passato nel mio letto nei mesi a venire. V., invece, durante la prima visita nel mio appartamento, sorrise davanti al poster con gli occhi lucidi. Accarezzò coi polpastrelli il viso di profilo di lei, e poi appoggiò delicatamente il polpastrello del suo indice alle labbra sue stesse: la baciò, la benedisse.
Due colori diversi per due diversi romanzi che sto scrivendo. Per la prima volta, condivido brevissimi stralci di entrambi i testi.
E appoggio una tavola solo “inchiostrata” del graphic novel che sto sceneggiando. (I colori direbbero già troppo di queste creature che qui si fiutano: spudorate e guardinghe, limpide… e timide come lepri).

La verità… è che ho un blocco che riguarda collo/spalle/schiena e che rallenterà per qualche settimana il mio lavoro. O almeno, così ha “promesso”.
Però lascio una canzone che mi tiene compagnia anche nella nebbia.
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