Cos’è, alla fin fine, una recensione? Chiunque di noi abbia studiato tanto, per comporne di armoniose, avvincenti, ben argomentate, conosce bene quella valigetta di strumenti utili ad affondare nell’analisi di un testo. Un testo qualsiasi (un film è un testo, per esempio). Ma la valigetta non documenta altro che il racconto dell’incontro, dell’impatto tra quel testo e i nostri sentimenti. Io la penso così: dovrebbe essere sempre così. Ebbene, “L’anno del pensiero magico” di Joan Didion non è stato né un incontro né un impatto, ma l’urto di un’onda. Feroce e bellissima. Uno dei libri più speciali, estremi e onesti, nel panorama contemporaneo, tra l’abbondante letteratura dedicata al dolore: in particolare al dolore che muove da un grave lutto. Violento è lo splendore di queste pagine, che io ho letto in e-book e in traduzione italiana. A tal proposito, segnalo che è una traduzione “miracolosa”: una simile prosa (interrotta da qualche verso, e perfino da qualche nenia/poesia/filastrocca) è complicatissima da “trafugare” da una lingua all’altra.
