“C’era un villaggio, sperduto al di là del cielo, ove il verde cambiava al guizzare dello sguardo, ora qui ora lì. Un immenso lago mescolava nel suo cuore tutto ciò che vi si rifletteva, e la lucida superficie ospitava lo scintillio del roseto, dei gigli bianchi cosparsi di rugiada anche quando il sole era alto e spaziava tra valli e colline”. Avevo 15 anni quando, carta, penna e “bianchetto”/correttore/vernice, scrivevo la storia di una bambola con un occhio solo e senza le dita delle mani, ma che un giorno, in questo lago, che è uno specchio del Paradiso, vede se stessa com’era una volta: splendida, fresca di sartoria, PERFETTA. Ma… nel ritrovare la sua immagine integra e irresistibile, perde il dono che le altre dodici bambole attorno a lei non possono neppure sognare: una goccia di sangue vivo, umano, che le scorre come un ruscello al centro del petto di stoffa. Perché la perfezione non è umana, perché solo l’amore rende vivi davvero, continuavo poi. Lettere all’Oltrevita, racconti e poesiole buttate lì, nel quaderno artigianale che mi aveva regalato mia sorella… Che emozione ritrovarmi adolescente, e tutta uguale e tutta diversa da oggi. “Io sono il fiume che scorre ove non arrivano gli occhi di un uomo. Io vedo le cose che nessuno al mondo vede. Sono il confidente prediletto delle stelle, tanto che la luna è gelosa, e vedo i brandelli del sole bagnarsi tra i miei fianchi”… [Mi batte il cuoricino 🥰]