“Si accorse che al mondo c’era qualcos’altro oltre le speculazioni della Sorbona e i versi di Omero, che l’uomo ha bisogno di affetto, che la vita senza tenerezza e senza amore non è che un ingranaggio arrugginito, stridulo e cigolante” .
(VICTOR HUGO – NOTRE DAME DE PARIS)

Quanti uomini al mondo hanno veramente realizzato questo? Che la letteratura, la cultura è fondamentale, ma solo se istruisce, per quanto possibile, su come si affronta l’esistenza? Solo se illumina una via… il cui unico senso è l’amore che si dà e si riceve? Che si dà, l’amore che si dà, specialmente.
Queste cose, e moltissime altre, ha provato a insegnarmi mio padre. Uomo di lettere straordinario, e incarnazione della Tenerezza. Intelletto impossibile da possedere, giacché autenticamente libero, in una società nella quale chiunque si autodefinisce tale e quasi nessuno lo è veramente. Queste cose… troppe cose, ha provato a insegnare a una figlia tanto cocciuta che le più importanti le sta afferrando (solo afferrando, per la verità) da quando lui non è qui.

“Ha il calore che tu davi a me. E mi sembra di stare in braccio a te…”
(Anche questa, una vecchia canzone di Gianni Meccia che ha titolo Il pullover, mi ha lasciato lui).
Io non credo che tra sei giorni sarò nelle condizioni per condividere nulla al riguardo. Ma… tra sei giorni, sarà finito il primo anno di mio Padre nel recinto infinito della Eternità. Un anno in cui ho imparato che l’Eternità è qualcosa di vivo, vicino, trasfuso nel nostro presente in senso invincibile, per fortuna. Invincibile, per chi così ha amato: e per chi, come lui, come noi, è stato amato tanto.